I crociati della menzogna

Attualissimo articolo di Pietro Secchia, pubblicato su Rinascita nel 1950, sul ruolo e le conseguenze della proprietà privata dei mezzi di comunicazione di massa.

“La prima libertà della stampa consiste nel non essere un’industria, un mestiere.” – Karl Marx

Non da oggi la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica. Mai, però, come oggi il malcostume della stampa capitalista si è manifestato in forme così volgari e abiette.

Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII, in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa.

Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione.

Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque deve essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita.

Non si deve sottovalutare il pericolo rappresentato dalla propaganda e dalle menzogne del nemico. La menzogna, anche la più grossolana, riesce sempre, soprattutto quando insistentemente ripetuta, a ingannare una parte dell’opinione pubblica. La ripetizione sino all’abbrutimento su quasi tutti i giornali e alla radio della stessa notizia falsa riesce quasi sempre a disorientare, a creare confusione, a falsare il giudizio non solo degli ingenui, ma anche di molte persona di spirito. Quanti, ad esempio, hanno finito per credere che i coreani del Nord avessero aggredito i coreani del sud! Non l’hanno detto e ripetuto ogni giorno, ogni ora con esasperante monotonia la radio e il 90 per cento dei giornali? Ciò che è stampato, nero su bianco, ha sempre agli occhi del grande pubblico un valore di verità.

Questa tecnica della menzogna ereditata dall’hitlerismo e dal fascismo è metodicamente applicata e monopolizzata dalla propaganda americana. La stampa è diventata, nei paesi del Patto Atlantico, un’industria di montaggio con produzione standardizzata.

I temi ideologici arrivano dall’America assieme ai carri armati: si tratta della parte ideologica del piano Marshall. Veramente non so se si possa parlare di ideologia, giacché non si tratta mai di argomentazione seria, ma di disinformazione, di propaganda subdola che non tende a convincere i più intelligenti, ma che ha lo scopo dichiarato di conquistare la parte più arretrata, di influire sulla parte meno esperta del pubblico e di soddisfare i gusti più bassi.

Tutta la “propaganda” organizzata in tutti i paesi capitalisti dell’imperialismo americano o dalle sue agenzie è un cumulo di menzogne. Basta dare uno sguardo alla stampa dei vari paesi per accorgersi che gli stessi temi vengono trattati in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Belgio, che le stesse parole d’ordine, gli stessi slogan vengono lanciati dappertutto contemporaneamente.

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Non è sempre facile per il grande pubblico comprendere che cosa si cela di falso e di tendenzioso dietro a certe notizie. I fatti s’incaricano poi di ristabilire la verità, ma occorre del tempo e spesso è necessaria una dura esperienza. Quanti prima del 1941 in Italia e negli altri paesi erano convinti che l’Esercito Rosso era tecnicamente arretrato e mal equipaggiato, guidato da capi ignoranti, tenuto assieme solo da una disciplina terroristica, incapace di tener testa ai grandi eserciti moderni! Persino Hiltler e Mussolini finirono col credere alle menzogne da essi stessi fabbricate: pensarono seriamente alla conquista di Mosca e dell’intiera Russia.

Oggi non è più possibile far credere che l’esercito sovietico è un’accozzaglia di pezzenti e la propaganda antisovietica ha rettificato il tiro. I giornali del Patto atlantico ripetono a sazietà che l’esercito sovietico è una forza immensa, terribile, fanatizzata, pronta a lanciarsi al segnale di Stalin e con l’aiuto delle quinte colonne alla conquista dell’occidente, e che i cosiddetti “popoli liberi” devono stringersi in un patto di difesa sotto la paterna protezione degli Stati Uniti.

Nel campo dell’azione ideologica e propagandistica gli imperialisti americani agiscono in Italia direttamente e indirettamente senza risparmio di mezzi: direttamente con l’invio in Italia di una abbondante letteratura che va dal quotidiano, al settimanale a rotocalco, al romanzo a fumetti, ai giornaletti per fanciulli, alle edizioni italiane del Reader Digest, del Life, del New Week, del Time, ecc.; indirettamente col progressivo accaparramento pel tramite del partito clericale dominante, di tutta la stampa italiana.

Milioni di italiani che ogni giorno leggono Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Il Giornale d’Italia, La Stampa, Il Tempo, ecc., ignorano che tutte le notizie provenienti dal mondo intiero e pubblicate su questi giornali vengono confezionate nelle cucine di Hearst e degli altri agenti dell’imperialismo americano.

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Subito dopo la liberazione la situazione era molto più favorevole per la stampa democratica, ma progressivamente il grande capitale italiano e americano, per mezzo del partito dominante, delle banche e di alcune imprese editoriali è venuto impossessandosi della grande maggioranza dei giornali decidendo della loro vita e della loro morte. Il Corriere della Sera è tornato ai Crespi, Il Messaggero di Roma e Il Secolo XIX appartengono ai Fratelli Perrone, Il Tempo ad Angiolillo ed a Campilli, Il Giornale d’Italia alla Banca dell’Agricoltura e al conte Armenise, La Stampa alla Fiat, Il Risorgimento, Il Roma e Il Mattino di Napoli all’armatore Lauro e al Banco di Napoli, la Gazzetta del Popolo alla società Idroelettrica Piemonte, Il Corriere Lombardo all’industriale Cella, Il Gazzettino di Venezia già del conte Volpi di Misurata al senatore Mentasti e così via.

La libertà di stampa sancita dall’art. 21 della Costituzione tende così a diventare una beffa. Quale libertà di stampa vi può essere in un paese dove la grande maggioranza dei giornali sono proprietà monopolistica del partito clericale, del Vaticano e dei grandi industriali dei quali esprimono la politica e gli interessi?

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[Trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare]

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